MANCIANO (Grosseto)

Pur essendo l'attuale struttura di Manciano il risultato della più recente crescita urbanistica, antica è la storia di questo centro collocato in una fortunata posizione, su un rilievo che domina a 360 gradi il paesaggio collinare delle valli del Fiora e dell'Albegna.
Resti preistorici rinvenuti in varie località del comune di Manciano provano che la valle dell'Albegna era abitata fin da epoca remotissima. In particolare, la notevole importanza del territorio in età etrusca è testimoniata dai numerosi rinvenimenti di tale civiltà, sparsi nel comprensorio circostante, da Marsiliana fino a Saturnia, Montemerano, Scerpena ed alla valle del fiume Flora. E' infatti da Marsiliana - secondo alcuni identificata con l'importante Iucumonia di Caletra - che provengono alcuni notevoli reperti, quali la "fibula Corsini" e la famosa tavoletta eburnea con inciso un alfabeto etrusco arcaico, forse della prima metà del VII secolo a.C.
Le prime memorie certe di Manciano risalgono però al X secolo, quando è citato in un contratto di vendita del marchese Lamberto Aldobrandeschi del 973. Nel corso del XIII secolo, fu stabile presidio dei conti Aldobrandeschi, finchè, con la divisione della famiglia del 24 dicembre 1274, Manciano passò al ramo di Sovana, e da questo, per via del matrimonio tra Anastasia e Romano Orsini, alla potente famiglia romana, dal 1293 in poi.
Durante il '300, il castello di Manciano fu ripetutamente conteso tra il Comune di Orvieto, i Baschi, signori di Montemerano, e gli Orsini di Pitigliano, cui tornò definitivamente dopo le sottomissioni del 1332 e del 1335 agli orvietani. Gli Orsini inserirono nella Contea di Pitigliano il castello di Manciano, dove, nel frattempo, per la distruzione ad opera dei sensesi dei castelli limitrofi, si era concentrata la popolazione contadina proveniente da quei centri.
Conquistato nel 1416 dai senesi, dopo pochi anni questi ordinarono la costruzione della rocca e rafforzarono il complesso difensivo delle mura. Anche se Manciano tornò in seguito (1455) agli Orsini di Pitigliano, rimase - pur con alterne vicissitudini - sotto l'alto dominio senese, finchè, con la caduta della Repubblica, fu concesso col restante dei territori di Siena al duca Cosimo de' Medici (1557) ed ai suoi discendenti.
Estintasi la dinastia medicea (1737), Manciano appartenne in seguito ai Lorena, che nel 1783 ne fecero il capoluogo di una vasta "Comunità", comprendente anche i territori dell'attuale Comune di Capalbio.
All'epoca dei Lorena questi territori della bassa Maremma versavano in una grave crisi, essendo semispopolati. Saturnia attorno al 1770 aveva solo venticinque abitanti. I Lorena avviarono importanti lavori di bonifica, convinti che alla base della ricchezza economica ci fosse lo sviluppo dell'agricoltura. Al riassetto agricolo si affiancò quello amministrativo, che ebbe nel Catasto Leopoldino il suo suggello, assieme ad una risistemazione del sistema viario. Oltre alla lotta alla malaria e alla costruzione di un nuovo sistema idrico, fra gli elementi che caratterizzarono la lenta ripresa di queste aree a lungo depresse e interessate dal fenomeno del brigantaggio fino ai primi decenni del '900, vi fu il nuovo interesse storico-archeologico (fra la fine dell'800 e i primi del '900 si realizzarono i primi scavi archeologici a Saturnia e nella necropoli etrusca di Marsiliana).
A determinare l'attuale configurazione del paesaggio agrario furono in parte gli effetti delle lotte contadine del 1904 che costituirono un primo tentativo di opporsi all'immobilismo del grande latifondo. Più incisive furono le conseguenze della Riforma Fondiaria del 1951, secondo la quale furono ridistribuite le terre e rinovate e completate le opere di bonifica.

Il borgo
Il recente sviluppo edilizio di Manciano, che ha notevolmente trasformato il carattere dell'antico nucleo medioevale, non impedisce tuttavia l'individuazione, nel giro della schiera esterna di case, dell'andamento della cinta muraria.
In questa si aprono tuttora due delle tre porte antiche, anche se largamente rimaneggiate. Sulla porta a Nord (Porta Fiorella), fiancheggiata da un poderoso torrione cilindrico probabilmente mozzo, con base a scarpa, è collocato un pregevole stemma a forma di scudo, con il leone rampante aldobrandesco.
Lungo il lato sud-est della cinta muraria, oggi completamente celato dalla cortina di case addossatevi, emerge un'altra piccola torre semicilindrica, con un leggero accenno di scarpatura. Le aperture lungo il fusto sono posteriori.
All'interno delle mura il borgo si articola in stretti e pittoreschi vicoli che grosso modo seguono, nel loro andamento ellittico (ironicamente soprannominato dalla popolazione "Giro del Tegame"), la struttura del circuito murario. Le semplici case, spesso fortemente alterate da rimaneggiamenti posteriori, mantengono pur tuttavia, in certe parti dell'abitato, i caratteri dell'edilizia popolare medioevale.
Alcuni pregevoli portali, con incorniciature in pietra e chiave di volta decorata. O con stipiti e archivolto in mattoni a vista, arricchiscono i prospetti delle case in scura pietra calcarea (finestre di un palazzetto in piazza Matteotti ed in via Roma).

Il castello (Il Cassero Senese)
Nella parte più rilevata del colle su cui sorge l'abitato, dominante sul paese, si eleva la mole quadrangolare della Rocca, fiancheggiata dal robusto torrione quadrato.
Eretta dai senesi intorno al 1424, forse su precedente cassero aldobrandesco, la Rocca si compone di un edificio rettangolare merlato con base a scarpa, cui è addossato un possente torrione merlato di maggiore altezza. Il paramento murario, a filaretto in pietra, appare ampiamente rifatto, al pari delle merlature e delle finestre con incorniciature di travertino.

Il Duomo
Poco sotto la piazza d'accesso alla Rocca sorge, a ridosso di una stretta rampa in forte pendenza, il Duomo di San Leonardo, con facciata spartita da coppie di semicolonne e lesene, sorreggenti un doppio timpano, di sobrie forme neoclassiche.
All'interno, sulla parete sinistra si trova San Leonardo, dipinto su tela di Paride Pascucci.
La grande pala d'altare è di Gualtiero Giannerini. Nella canonica sono oggi conservati i dipinti che ornavano l'Oratorio della Santissima Annunziata.

Montemerano
Il castello di Montemerano, borgo medioevale fra i più caratteristici e meglio conservati di tutta la Maremma, è nominato una prima volta, insieme ad altri della zona, nel privilegio di Clemente III per la Chiesa di Sovana (1188), ed agli inizi del '200 è sede di una signoria locale, legata al più vasto contado aldobrandesco.
All'atto della divisione della famiglia nei due rami di Sovana e Santa Fiora (1274), il castello è ancora menzionato tra i possessi del ramo di Sovana, anche se, a quel tempo, Montemerano era già verosimilmente dipendente dai signori dei Baschi, famiglia nobile di origine orvietana, imparentata con gli Aldobrandeschi. Nel 1298 i Baschi si sottomisero all'alto patronato di Orvieto, contro cui però si schierarono successivamente (1316-17), insieme agli Aldobrandeschi di Santa Fiora ed ai signori di Vitozzo.
Un'altra occasione di liberarsi dalla soggezione ad Orvieto fu offert ai Baschi di Montemerano dalle ostilità tra Orvieto e Viterbo, con cui si allearono, forti dell'appoggio dell'Impeatore Ludovico il Bavaro. Questi, nel 1328, confermerà il possesso di Montemerano (con Manciano, Montauto e Saturnia) a Ugolinuccio dei Baschi. L'autonomia del castello durò pochi anni e fra il 1331 e il 1334 Montemerano fu di nuovo sottoposto alla sovranità di Orvieto.
La progressiva decadenza politica degli orvietani ed il conseguente allentarsi dei vincoli di soggezione da questi portarono alla cessione del castello, nel 1382, alla Repubblica di Siena, che ne potenziò gli apparati difensivi costruendo una nuova rocca facendone un importante polo fortificato presso i confini meridionali dello stato.
Nel corso del '400, Siena vi tradusse propri castellani e "massari" e si ha notizia (1489) di una discreta vitalità comunitaria, espressa nella redazione di uno Statuto locale.
Con la sconfitta di Siena da parte delle truppe imperiali (1555), Montemerano passò, col resto dei territori della Repubblica, al Granducato mediceo di cui seguì le sorti.

Saturnia - Le antiche acque degli Etruschi

Di origini antichissime, forse addirittura precedenti alla civiltà etrusca, Saturnia con le sue sorgenti fumanti, è stata avvolta per secoli da un'’aura di mistero e di leggenda e le eccezionali virtù terapeutiche delle sue acque erano apprezzate già in epoca romana.
Oggi Saturnia è un borgo quieto ed ospitale, immerso in un paesaggio di grande amenità e suggestione.
Le terme, ripristinate verso la metà del secolo scorso e via via ristrutturate ed ampliate nel corso degli anni, sono note in tutto il mondo per le loro acque sulfuree, omeotermali e radioattive, indicate per reumatismi, malattie del ricambio, affezioni gastriche e respiratorie e, in generale, contro lo stress.