LECCE


Di origini messapiche, Lecce secondo la leggenda sarebbe stata fondata nel V sec. a.C. da Malennio, la cui figlia Euippa sposò Idomeneo, l'eroe reduce da Troia che, già prima, aveva sconfitto il suocero impossessandosi del regno. La città in origine si sarebbe chiamata Sybaris, indi con Idomeneo Lytium o Lycium. Lecce restò citt
Messapica, sebbene non immune da influenze magno greche, finanche dopo la conquista romana (267 a.C). Essa si oppose alle mire espansionistiche di Taranto, fu alleata di Atene nell'anno 341 di Roma, e in soccorso della città greca inviò 1500 arcieri per la guerra che si combatteva in Sicilia.
Del misterioso popolo dei Messapi, fieri della loro civiltà e della loro potenza militare che dette filo da torcere ai magno-greci prima e ai romani dopo, nel Salento restano imponenti mura isodome, stazioni archeologiche (Rudiae, Cavallino, Muro Leccese, Alezio, Ugento), e nella stessa città di Lecce, di tanto in tanto, emergono durante scavi occasionali tombe, iscrizioni, corredi funerari di cui qualche reperto si può ammirare nel locale museo "S.Castromediano", mentre la stragrande maggioranza della suppellettile funeraria è custodita dal Museo Nazionale di Taranto.
Tra il 629 e il 267 a.C., in seguito alla guerra tra i confederati messapo-salentini, Taranto e Pirro contro l'Urbe, si compì la conquista romana del Salento, ove si parlavano il messapo e i vari dialetti magno-greci, che nel corso di sette secoli di dominazione latina scomparvero del tutto.
Nei pressi di Lecce, dichiarata intanto "Statio Militum Lupiae", nacque a Rudiae nel 239 a.C. Quinto Ennio, poeta insigne di Roma, fiero dell'acquistata cittadinanza romana, ma pure orgoglioso delle sue radici messapo-rudine.
Lecce e il Salento, dopo sporadiche ribellioni, legarono il loro destino a Roma, a cui furono sempre fedeli e la città, che fece parte della tribù Camilla, seppe pure opporsi ad Annibale che non riuscì a violare le sue mura. A Lecce si stabilirono soldati e coloni romani, e in particolare rammentiamo che qui nel 102 a.C. fu dedotta una colonia guidata da C. Mario Nepote e da L.Lutazio Catulo. Una seconda colonia si stabilì nella città nel 75 d.C., sotto l'impero di Vespasiano.
Dell'epoca romana restano a Lecce alcune epigrafi, qualche rudere, un anfiteatro ed un teatro, questi ultimi entrambi del II sec. d.C. E' di epoca romana la colonna che regge la statua di S.Oronzo, patrono della città, che con i SS. Giusto e Fortunato si festeggia dal 24 al 26 agosto. Tale colonna, nella omonima piazza S.Oronzo, è uno dei due fusti terminali della via Appia, che si concludeva a Brindisi. E proprio i brindisini, nel tardo XVII sec., per grazia ricevuta da S.Oronzo, donarono a Lecce la colonna perché sulla sua sommità fosse collocata la statua del santo taumaturgo.
I romani realizzarono il porto di S.Cataldo, oggi rinomata spiaggia dei leccesi, che dista circa 10 km dalla città. Un tempo questo approdo, dell'epoca di Adriano (si chiamò infatti porto Adriano), fu uno dei più importanti dell'Adriatico, ma decadde inesorabilmente nel medio evo.
Già nel II sec. d.C. si registra la presenza del Cristianesimo a Lecce, che fu una delle sedi vescovili più antiche d'Italia. Con la crisi dell'impero romano la città divenne insicura, subì devastazioni ad opera dei pirati. Nel 542, nel corso della guerra greco-gotica, venne devastata da Totila, poi sopraggiunsero i saraceni tra il IX e il X sec. Caduto l'Impero d'Occidente, Lecce e buona parte della Puglia divennero bizantine. La città decadde, fu coinvolta dalle lotte di Bisanzio con i longobardi del granducato di Benevento e le soldataglie di Romualdo la conquistarono nel 680, restituendole dopo un certo periodo pace e prosperità.
Pochi anni dopo la città fu devastata dai saraceni, poi dagli ungari, indi dagli slavi. Ritornò il rapace governo bizantino che tra l'VII e il IX sec. anche qui accese le persecuzioni iconoclaste che indussero i monaci provenienti dalla Sicilia, dalla Calabria e dall'altra sponda adriatica a nascondersi negli anfratti di zone disabitate e boschive, trovando rifugio in cripte ipogee, affrescate con le immagini dei santi del rito orientale.
Nel X sec. Ottone II di Sassonia sottomette Lecce, che nel 983 ritorna ai Bizantini e viene aggregata al Catapanato di bari. Trail 1055 e il 1069 si compie la conquista normanna di Terra d'Otranto e Lecce diviene contea della casa d'Altavilla. Scampato da un naufragio, nel 1182 il conte Tancredi erige la chiesa romanica dei SS. Niccolò e Cataldo (oggi nel cimitero), ma normanna è pure la coeva chiesetta di S.Maria d'Aurìo, a 5 km dall'abitato. Nonostante alcune lotte intestine, sotto il dominio dei signori del nord Lecce fu ricca e potente, nel regno fu seconda soltanto a Palermo. I Normanni realizzarono pure potenti mura, il Mastio oggi incluso dal castello di Carlo V, il Monastero benedettino di S.Giovanni Evangelista, ancor oggi attivo.
Passata agli svevi, per il matrimonio di Costanza d'Altavilla ed Enrico VI della casa di Hohenstaufen, che generarono Federico II, la città nel 1268 fu degli angioini, che la concessero in feudo ai Brienne, indi nel 1356 appartenne agli Enghien, sotto il cui dominio godette del buon governo, soprattutto ai tempi della contessa maria, la quale nel 1385 sposò Raimondello Orsini del balzo e, restatane vedova, fu consorte del re Ladislao che volle il matrimonio solo per calcolo politico. All'epoca dei Brienne risale la trecentesca torre di Belloluogo sulla via vecchia Surbo che, con la torre del Parco, eretta nel XV sec. da Giovannantonio del balzo, erede di Maria, costituisce un'emblematica testimonianza dell'architettura militare angioina, precedente l'uso delle armi da fuoco.
Nel 1446 Lecce era passata sotto il dominio degli Orsini del Balzo, principi di Taranto; 17 anni dopo fu incamerata dalla monarchia aragonese, ma restò senza signore fino all'epoca di Carlo VIII di Francia il quale, per il breve periodo che stette in Napoli, l'assegnò a Gilberto di Brunswick. Dopodichè i re delle due Sicilie investirno della contea di Lecce i loro terzogeniti, sia pure a titolo soltanto onorifico.
Nel 1480 avvenne il sacco di Otranto e Lecce respinse una sortita degli islamici. L'anno dopo, a causa della peste contò 15.000 vittime, pressappoco quante ne aveva provocate l'epidemia che imperversò tra il 1466 e il 1468. Nella città già da tempo si erano insediate fiorenti colonie venete, toscane, greco-albanesi, ragusee, ebraiche e genovesi, prosperavano i commerci, ma i tempi non erano idilliaci. Nel corso della guerra franco-spagnola Lecce, nel 1502, cadde in mano dei transalpini e al tempo del re di Spagna Ferdinando il Cattolico nella città vennero massacrati gli Ebrei che, nonostante qualche discriminazione, erano stati protetti da Maria d'Enghien e da Ferrante d'Aragona.
Durante la dominazione spagnola il capoluogo salentino, come gli altri luoghi posseduti dagli iberici, venne spremuto dalla rapacità dalla rapacità fiscale. In questo periodo, però, era ancora vivo il ricordo dell'eccidio di Otranto, sicchè la paura del turco gravava più che mai tra le popolazioni salentine. Vennero fortificate le coste e le masserie, i centri abitati si cinsero di mura e anche Lecce si dotò di nuove opere di difesa. Nel 1539, per ordine di Carlo V, si dette inizio alla costruzione di una nuova cinta muraria per la città e di un poderoso castello che, progettato da Gian Giacomo dell'Acaya, ancora oggi si leva superbo, mentre delle mura bastionate restano pochi e malandati tratti. Nel contempo spariva la città medioevale e Lecce venne fortificata da Ferrante Loffredo, preside di Terra d'Otranto, con i criteri richiesti dall'uso delle artiglierie. Lecce, divenuta capoluogo di Puglia (1539), dilata il suo perimetro, acquista una più razionale disposizione urbanistica, si adorna di chiese, conventi, palazzi, organi amministrativi e giudiziari, diviene centro di richiamo per la nobiltà, gli artisti e i letterati.
Fioriscono le scienze e le arti, sorgono diverse Accademie, la Lupiense (XV sec.), quella dei Trasformati (XVI sec.), degli Speculatori (XVIII sec.) e, infine, l'Accademia Salentina istituita più tardi dai PP. Gesuiti.
Nel XVI sec. Lecce vive finalmente in pace, una pace vegliata da un clero numeroso e potente che promuove sodalizi, congregazioni e scuole che dirigono efficientissimi centri di spiritualità devozionale. Sorgono, anche ad opera della chiesa, istituzioni benefiche e filantropiche che alleviano le miserie degli emarginati e dei derelitti. La città era rimasta al di fuori della bufera della Riforma protestante, e soltanto con la presenza dei Teatini e dei Gesuiti, qui giunti rispettivamente nel 1574 e nel 1586, vive il nuovo spirito della Chiesa uscita rinnovata dal Concilio di Trento.
Tra Cinquecento e Seicento un'atmosfera febbrile pervade la città, che diviene un enorme cantiere per le tante opere civili e religiose che privati, congregazioni ecclesiastiche e il clero secolare si danno da fare per erigere, sempre più belle, imponenti, estrose, in una gara di costante emulazione che configura, così, l'immagine che ancora conserva il centro storico di Lecce, ove dappertutto si nota il trionfo del barocco.
Un barocco particolare e irripetibile, tuttavia, influenzato dal gusto teatrale e spettacolare della cultura spagnola, ma reso unico dalle caratteristiche della pietra locale, duttile, disponibile ad ogni intaglio, ad ogni arabesco, dotata di un colore paglierino che dà pure calore. Numerose le maestranze di lavoratori del leccìsu, scultori e scalpellini che adornarono facciate ed altari di chiese e conventi, decorarono anche i prospetti e gli interni delle case patrizie e della numerosa borghesia che a sua volta emulava i potenti per censo.
Tra i monumenti più insigni di quest'epoca ricordiamo l'Arco di Trionfo, eretto nel 1548 in onore di Carlo V, e tra le tante chiese prima fra tutte la basilica di S.Croce, costruita tra il 1549 e il 1646 con il contiguo Convento dei Celestini, oggi sede dell'amministrazione Provinciale e della Prefettura. Per questa chiesa, che costituisce l'espressione più alta e compiuta del barocco leccese, profusero il loro ingegno prestigiosi architetti locali tra i quali G. Riccardi, C. Penna e G. Zimbalo, nonché tanti intagliatori e scalpellini della pietra locale. Il trionfo del barocco si coglie soprattutto nella facciata del tempio, un prospetto ricco di simboli, di statue, di decorazione e di allegorie.
La "città-chiesa" possiede un Duomo prestigioso, in una suggestiva e omonima piazza, ove si incontrano pure l'Episcopio e il Seminario. Costruito nel 1114 e completamente rifatto tra il 1659 e il 1670 da Giuseppe Zimbalo, autore pure dell'imponente campanile, questo tempio dedicato all'Assunzione di Maria Vergine possiede altari barocchi, il presepe di G.Riccardi e la cripta del 1517.
In via G.Libertini si incontrano le chiese di S. Giovanni Battista (o del Rosario) del XVII sec., di S.Anna (XVII sec.) e di S.Teresa (XVII sec.). Sul corso V.Emanuele II sorge il tempio di S.Irene, eretto tra XVI e XVII sec. su disegno di F.Grimaldi, con facciata cinquecentesca. In piazza S.Oronzo, a pochi metri della colonna del Patrono di Lecce, l'ex chiesetta di S.Marco e il Sedile, entrambi del XVI sec. Di fronte all'anfiteatro romano, in parte ancora interrato, la chiesa di S.Maria della Grazia, costruita alla fine del XVI sec., con gusto classicheggiante, su disegno di F.Coluzio. Poco distante, in via Maremonti, la chiesa di S.Antonio da Padova (o di S.Giuseppe), del 1566 ma con facciata e restauri interni del XVIII sec. A pochi passi si incontra, in piazza V.Emanuele II, la chiesa di S.Chiara, eretta probabilmente nel 1694 da G.Cino. Non lontana, in via dei Perroni, la chiesa di S.Matteo, costruita da A.Larducci tra il 1667 e il 1700, con il caratteristico prospetto che richiama quello del tempio di S.Carlo alle Quattro Fontane, a Roma. In via Rubichi, ancora, la chiesa del Gesù (o del Buon Consiglio), eretta dai Gesuiti nel tardo Cinquecento su disegno di G.De Rosis; in piazzetta SS.Addolorata la chiesa di S.Angelo, eretta nel 1663 forse da G.Zimbalo. Poco distante, in piazza dei Peruzzi, la chiesa di Santa Maria degli Angeli (o di S.Francesco di Paola) del XVI sec. e infine, in piazza Tancredi, la chiesa del Carmine, ricostruita dal 1711 al 1717 da G.Cino, su una costruzione cinquecentesca.
Queste le principali chiese di Lecce, ma tante ancora potrà scorprirne il visitatore, che girovagando per la città potrà ammirare i superbi palazzi patrizi che tra il Cinquecento ed il Settecento dettero lustro e decoro al centro storico.
La città di Lecce non è conosciuta solo per le sue chiese e per i suoi palazzi barocchi, ma anche per un'arte tipicissima che, sebbene realizzata con materia povera, ha prodotto e produce, sia pure oggi in tono minore, opere di indiscusso valore e prestigio. Ci riferiamo alla cartapesta, già attiva nel XVII sec. che via via ha visto fiorire artisti rinomati come Pietro Surgente, Francesco Calabrese, Luigi Guerra, Antonio Maccagnani, Achille De Lucrezi, Giovanni Andra De Pascalis, Luigi Guacci, Giuseppe Manzo, Raffaele Carretta, Antonio Malecore, Pietro Indino e Angelo Capoccia, i quali hanno illustrato tante chiese di Lecce, in Italia e nel mondo, con i loro santi di carta e con i loro "pastori" che ancora oggi fanno bella mostra di sé durante la "Fiera di S.Lucia" (13-14 dicembre), allorchè si espongono pupi e presepi.
Una tremenda peste funestò Lecce nel 1656, e siccome si credette che S.Oronzo aveva fatto cessare il morbo, da quell'epoca il santo protomartire divenne il Patrono della città.
Nel XVIII sec., che fu fecondo per le lettere e le arti, si continuarono a costruire chiese e palazzi. Ma triste era la vita cittadina che subiva anche i rigori del fisco ecclesiastico. Nel 1710 scoppiò la rivolta contro il clero, il re appoggiò il popolo che venne però scomunicato dal Vescovo Fabrizio Pignatelli, il cui interdetto durò sino al 1719. I soprusi perpetrati dalla nobiltà e le faide comunali tormentavano la cittadinanza.
Nel 1749 gli Ebrei, per disposizione di Carlo III di Borbone, furono cacciati definitivamente da Lecce.
Il secolo dei Lumi, era il 1799, si concluse nel regno partenopeo con le note turbolenze rivoluzionarie che inneggiavano alla repubblica. Anche a Lecce il 9 febbraio di quell'anno fu innalzato l'albero della libertà, ma dopo 24 ore venne abbattuto e seguì la feroce repressione da parte del clero reazionario e dei realisti. Dopo due secoli di sottomissione ai Borboni, nel 1821 Lecce partecipò ai moti dei liberali che 27 anni dopo instaurarono un governo provvisorio. Il risorgimento leccese annovera, tra gli altri, i nomi illustri di Giuseppe Libertini e Sigismondo Castromediano. Finalmente, nel 1860, la città fu annessa al Regno d'Italia e, dopo l'Unità, tra il 1895 e il 1915, per la prima volta si estese oltre le mura cinquecentesche, dotandosi di molte opere pubbliche.
In questo periodo vennero abbattute le mura bastionate e con le loro macerie si colmarono i fossati d'acqua putrida e miasmatica. In questi spazi, soprattutto lungo il viale Gallipoli e il viale Lo Re, furono via via edificati alcuni villini di stile eclettico, costruzioni che palesano un certo che di esotico, di orientale, che si coniuga con le tendenze del tempo e con esperienze costruttive e decorative già sperimentate nella città, quelle neo-classiche, a cui si aggiungono i gusti più disparati.
Prima di concludere questa nota su Lecce, rammentiamo che la città si dota di nuovi e moderni quartieri, di una Università in crescita, del Museo Provinciale "S.Castromediano", della Biblioteca "N.Bernardini" e, presso il Convento di S.Antonio a Fulgenzio, del Museo Missionario Cinese, della Biblioteca "R. Caracciolo" e di una prestigiosa Pinacoteca.


L'olio d'oliva nella Dieta Mediterranea
L'olio d'oliva è uno degli alimenti principali della Dieta Mediterranea, sia pure per le sue indiscusse qualità organolettiche ed i suoi alti valori nutritivi, che per la sua elevata digeribilità e per le sue caratteristiche biologiche, che lo rendono innocuo per il colesterolo e preferibile ad altre tipologie di grassi. L'olivo intreccia le sue radici con la storia salentina più antica, poiché da sempre ha trovato nelle caratteristiche del terreno e del clima il suo habitat ideale. Per questo, da millenni, l'olivo dà alla gente pugliese i suoi ricchi frutti dai quali essa ricava il suo dorato e denso condimento, seguendo metodi di spremitura sapienti ed esperti. L'olivocultura leccese con il passare dei secoli ha acquisito sempre più importanza, sia per l'opera meritoria dei monaci bizantini, che recuperarono con pazienti operazioni di innesto gli olivastri spontanei tipici delle coste salentine, che grazie ad interventi legislativi che nel '700, nell'800 e dopo l'unità d'Italia hanno consentito che territori sempre più vasti fossero destinati alla coltivazione dell'olivo.
Attualmente, con il suoi 83.344 ettari, l'oliveto rappresenta ben il 43,5% dell'intera superficie agraria della provincia di Lecce e consente, da parte delle 60.000 aziende agricole operanti nel comparto e dei 360 frantoi, una produzione di ben tre milioni e mezzo di quintali d'olive e 600.000 quintali di olio. Le varietà più diffuse sono "Cellina" ed "Ogliarola", che rappresentano rispettivamente il 65% ed il 35% della produzione olivicola.
L'A.PR.OL, Associazione tra Produttori Olivicoli della Provincia di Lecce, è la più grande Associazione olivicola dell'U.E. sia per l'entità dell'attività svolta, che per il numero di associati.
Essa infatti, grazie anvche al suo consistente magazzino di stoccaggio, da oltre sei anni rappresenta mediamente ben 400.000 quintali di olio all'anno, prodotti dai suoi 50.000 soci.
Nell'ultima campagna ('94/'95) l'Associazione ha commercializzato direttamente ben 90.000 quintali di olio d'oliva conferiti dai suoi soci.
Tale opera di concentrazione e commercializzazione dell'olio garantisce agli acquirenti enormi vantaggi, sia in termini economici, che in riferimento alle caratteristiche qualitative del prodotto, per il quale l'A.PR.OL. garantisce perfetta omogeneità, poiché effettua costantemente un attento controllo della qualità. Attualmente l'Associazione è impegnata nel lancio di numerose referenze di olio imbottigliato (finora è stato venduto solo prodotto sfuso), che saranno presenti sul mercato a partire dall'anno '95/'96. Nell'ambito di tale progetto è prevista anche la realizzazione di ban due oli a Denominazione d'Origine Controllata e precisamente l'Olio Extravergine di Oliva "Antica Terra d'Otranto" e l'Olio Vergine di Oliva "Penisola Salentina".

A.PR.OL. Lecce - Associazione tra Produttori Olivicoli della Provincia di Lecce
Via M. Bernardini, 11/23 - 73100 Lecce
Tel. 0832.305595 - Fax 0832.309586



Artigianato artistico Salentino

L'artigianato artistico salentino, grazie alla sua millenaria tradizione, costituisce ancora oggi la ricchezza inesauribile di uno splendido territorio.
Presso la Mostra permanente si possono ammirare manufatti in cartapesta, pietra leccese, ferro battuto, ceramica, legno e ricami, ecc. che il visitatore può portare con sé a ricordo di una esperienza unica nel suo genere.


Mostra permanente dell'artigianato salentino
Via Rubichi, 21 - 73100 Lecce
Tel. 0832.246758